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Il 29 settembre 2010 la Spagna è stata paralizzata dai 10 milioni di lavoratori che hanno aderito al primo sciopero generale dell’era Zapatero, convocato dai due principali sindacati contro la riforma del mercato del lavoro. Momenti di tensione tra gli scioperanti e le forze dell'ordine hanno portato al fermo di 30 persone, delle quali 8 (un rappresentante sindacale e 7 lavoratori) verranno poi indagate e rinviate a giudizio, con la richiesta di 8 anni e 3 mesi di carcere ciascuno.

Ancora, nel 2012, un nuovo sciopero generale, questa volta contro le pesanti riforme del mercato del lavoro e l'austerity imposta dal Governo Rahoi, porta a più di venti persone arrestate a causa di un picchetto per impedire l'accesso ai luoghi di lavoro, e un rinviato a giudizio, colpevole di aver distribuito volantini informativi.

La procura aveva richiesto per quest'ultimo una condanna a 7 anni di carcere e 7.500 euro di multa, pena poi “ammorbidita” e ridotta a 3 anni e 3 mesi di reclusione.

Non casi isolati ma procedure ormai diventate standard in Spagna, in cui ad oggi, oltre 300 persone di tutte le classi sociali (lavoratori, studenti, sindacalisti) sono state arrestate e indagate per aver manifestato e scioperato.

Misure sicuramente sproporzionate, dietro le quali si intravede la volontà di intimidire e limitare la capacità di iniziativa dei sindacati e la libertà di azione sindacale e che stanno prendendo campo anche in altri paesi europei come il Regno Unito, la Finlandia e la Repubblica Ceca, dove si assiste a una limitazione dei diritti sindacali.

Per sensibilizzare sul tema, il 19 gennaio 2016 le Confederazioni sindacali spagnole (Ccoo e Ugt) hanno organizzato un'iniziativa a Madrid per sostenere la difesa del diritto di sciopero e la realizzazione di una dimensione sociale europea che affronti il problema.

 

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